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Affettare a regola d'arte
Spesso è proprio quando siamo all’estero che veniamo presi da starne nostalgie gastronomiche. Altrettanto spesso succede che - ignorando i consigli di chi è rimasto a casa – ci precipitiamo nella prima salumeria che espone prodotti nostrani, per toglierci quell’irrefrenabile capriccio del palato.Allora, di fronte ad una succulenta mortadella, chiediamo, con impaziente reverenza, un etto di prelibatezza, quel tanto che basta per toglierci lo sfizio. Ma è proprio in quell’istante che la speranza di gustare come si deve il beneamato ci abbandona: la fetta è spessa, troppo, la lama dell’affettatrice surriscaldata, la carta da imballo non è oleata, ma è una velina dalla quale l’insaccato, una volta usciti dal negozio, farà fatica a staccarsi, infine ci si mette anche il salumiere che invece di allineare le fette, per evitare che le superfici si incollino, le impila a torretta. Una situazione tutt’altro che infrequente anche da noi, che giustifica le diatribe di chi difende il taglio a regola d’arte e di quei gourmet che sanno che una fetta non vale l’altra e che ogni salume ha il suo taglio ideale.
Il taglio, difatti, non è solo una pratica necessaria ma un “atto” gastronomico, insomma, un’arte. E difatti, l’antica figura del trinciante – ovvero colui che ha la responsabilità di tagliare le carni in un banchetto – deteneva un ruolo prestigioso. Affettare correttamente un salume serve ad esaltarne le caratteristiche organolettiche ma anche quelle estetiche: una fetta troppo grossa e irregolare o troppo sottile, che tende a “sbriciolarsi”, non è mai bella e tale trattamento è tanto più delittuoso se il salume è pregiato.
Come un abito sapientemente tagliato sta bene a chiunque, analogamente una buona affettatura esalta le qualità di qualunque salume e incontra le esigenze del palato e della vista di ogni commensale.
Tuttavia, non esiste un taglio universale e ogni salume ne pretende uno specifico.
Nei salumi crudi o in quelli che evidenziano la loro conformazione anatomica – quali i prosciutti stagionati e il culatello – il taglio d’elezione deve rispettare la struttura del pezzo e seguire trasversalmente la direzione delle fibre muscolari anche se, nei pezzi più grassi, questo può essere parallelo. La fetta dovrebbe essere molto sottile in modo da potersi sciogliere in bocca rapidamente, unico metodo per assaporarne meglio l’aroma. La buona riuscita di un taglio sottile è, inoltre, segno dell’ottima qualità del prodotto poiché nei salumi poco stagionati o mal lavorati, la fetta poco spessa non mantiene la sua elasticità ma tende a rompersi facilmente.
Diverso è il taglio degli insaccati cosiddetti a farcia cruda, come i salami, dato che il taglio deve tenere conto della grana, del grado di stagionatura - che rende morbido o, diversamente, molto compatto il salume - ma anche del diametro, che vincola il verso: obliquo o a “becco di clarino” per il Cacciatore e il Felino e rotondo per quelli tipo Milano, la cui dimensione non consente altra scelta. E’ buona norma, comunque, che anche nei salami la fetta sia sottile e integra, spessa non più di un grano di pepe e tagliata con l’apposito coltello lungo, sottile e molto affilato. Assicurarsi, inoltre, che il budello si stacchi con facilità, un indice a garanzia di una perfetta stagionatura.
Per i salumi a farcia cotta – come le mortadelle - il discorso è analogo a quello dei prosciutti crudi, la fetta deve essere sottilissima e tagliata dall’apice, mentre non è pienamente condivisa dai gourmet la pratica odierna di presentarla a dadi, anche se questo risulta l’unico metodo per valutarne la consistenza che, in un prodotto di qualità, dev'essere soda e compatta. Invece, per gli altri salumi a farcia cotta, come zamponi e cotechini il taglio è spesso, corrispondente a circa un dito.
Anche gli strumenti per il taglio devono essere tenuti in giusta considerazione dal momento che il taglio ottimale è quello effettuato da mano esperta e sapiente, che sa assecondare gli “inviti” del pezzo con una pressione decisa e delicata, ma con attrezzi idonei: i coltelli d'acciaio si sono rivelati i migliori giacché, a differenza dei vecchi coltelli di ferro, non interagiscono con il grasso favorendo l’ossidazione e conferendogli, appunto, il tipico gusto “ferroso”.
Sappiamo, anche, che avere a disposizione un vero trinciante non è sempre possibile perciò affidiamoci pure alle affettatrici, ma aspettiamo qualche secondo tra un taglio e l’altro poiché le lame surriscaldate possono alterare irrimediabilmente il gusto del salume. Invece, per il taglio di alcuni prodotti particolarmente pregiati e di lunga stagionatura, ancora oggi è d’obbligo il coltello.
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